Creazioni in vetro soffiato, vetrofusione e gioielli
I Vetri di Sandro Bormioli
Creazioni in vetro soffiato, vetrofusione e gioielli
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Bottega in Altare (SV), Via Roma n. 41
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Elogio della semplicità

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Elogio della Semplicità
Di Miriam Toniolo


Prosegue il viaggio del vetro nel mondo affascinante degli artisti italiani.
E’ la volta di Alessandro Piva, giovane architetto vicentino che ha voluto abbinare le sue riflessioni elogiative sul vetro con l’immagine di una libreria da lui stesso disegnata.
Il vetro è elegante, di una eleganza nobile.
La sua raffinatezza va di pari passo con la sua discrezione, sa imporsi alla nostra attenzione senza l’arrogante invadenza del parvenu.
E’ resistente, di una durezza a volte aspra; la sua superficie liscia, levigata, non consente appigli per il nostro animo. Eppure è anche incredibilmente fragile, a volte basta un suono acuto, come una parola fuori luogo,  per incrinarne la struttura, l’integrità.
Il vetro ci è così familiare che a volte dimentichiamo quale straordinario potere lo animi. Riduttivamente riteniamo che il suo pregio maggiore risieda  nella sua malleabilità, nella rara capacità di essere così disponibile ad assumere qualunque forma. Così, ritenendo che il valore risieda tutto nella perizia di chi lo ha modellato, non siamo più in grado di andare oltre e di comprenderne le reali qualità.
A volte un’intuizione particolarmente felice, che esalti semplicemente le sue proprietà più autentiche, la sua trasparenza, la sua  capacità a dissolversi in puro colore, è sufficiente a svelarci una realtà inaspettata, resa ancor più stupefacente dall’improvvisa consapevolezza di quale potenziale si nasconda dietro l’apparenza delle cose.
Le Corbusier sosteneva che “La chiave è la luce - e la luce illumina le forme - E queste forme hanno una potenza emotiva” e dunque il vetro, pensiamo alla sua chiesa di Ronchamp, è per sua natura lo strumento ideale per dosare il potere di quella ‘chiave’.
Libreria disegnata da Alessandro Piva

Con esso, giocando unicamente sugli effetti cromatici ottenuti dalla densità dei differenti impasti, possiamo arrivare a far risuonare le “corde” più remote della nostra sensibilità.
Spesso ci si dimentica che questo materiale possiede una forza straordinaria: la sua capacità di essere ‘debole’. Consente di lavorare per sottrazione, anziché per continua sovrapposizione, in un processo di progressiva rarefazione formale.
Una maggiore consapevolezza delle sue qualità più immateriali, un suo impiego più ‘onesto’ sono a mio avviso sinonimi di una rinnovata capacità di oltrepassare con lo sguardo la semplice apparenza del reale.
La verità insita nei piccoli oggetti che accompagnano, silenziosi testimoni, la nostra esistenza, è un valore a cui troppo spesso preferiamo rinunciare.
Nella schietta forma di una bottiglia, nella sua eleganza, nella morbida sinuosità del suo collo vedo condensato quanto di più autentico ci leghi a questo nostro mondo. Nella sua apparente semplicità questo oggetto ci dice molto più di noi stessi di quanto talvolta non si sia disposti a sentire. Ci parla di come viviamo, di come inconsapevolmente mutano le nostre abitudini.
Pensiamo al gesto di versare dell’acqua, alla rassicurante solidità del vetro, alla superficie liscia della bottiglia che asseconda la nostra presa. Il gesto può farsi lento, assecondando il piacere che nasce dall’atto del versare anche il liquido che scende nel bicchiere acquista una sua particolare eleganza.
La stessa azione, nella presa malferma di una bottiglia in plastica, nella sgradevole sensazione che ci trasmette il suo progressivo deformarsi, diviene affrettata. L’acqua scende precipitosa, alcune gocce traboccano sulla tavola, il bere diviene unicamente una necessità fisiologica.
I luoghi in cui quotidianamente viviamo rivelano, anche nell’uso incongruo dei materiali, l’artificialità della nostra condizione, la nostra incapacità di ascoltare il sommesso mormorio delle cose semplici.
Di cosa parlano in realtà queste moderne scatole in vetro, nei quali ci aggiriamo come pesci in un acquario, se non del restituirci continuamente, in un infinito e sinistro gioco di specchi, la nostra espressione sempre più smarrita?
Osservare un bicchiere, il collo di una bottiglia.
Ripartire dalle piccole cose.

(Alessandro Piva nasce a Valdagno nel 1965. Laureato in architettura a Venezia, si trasferisce a Milano nel 1994. Dopo aver collaborato con vari studi, inizia la propria attività professionale nel 1998. E’ attivo nel campo dell’architettura e del design).

Costantino Bormioli, Lavorazione Artigiana Vetro - P.IVA 01317860094
Costantino Bormioli P.IVA 01317860094
Bottega in Altare (SV) - Via Roma n. 41
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