Creazioni in vetro soffiato, vetrofusione e gioielli
I Vetri di Sandro Bormioli
Creazioni in vetro soffiato, vetrofusione e gioielli
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Bottega in Altare (SV), Via Roma n. 41
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Vetri europei a Chicago

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Vetri europei a CHICAGO

Chicago è nota agli Americani come la città ventosa, e non si può fare a meno di capire il perché se la si visita alla fine dell’inverno, verso febbraio. Sorseggiando un caffè, pagato ventimila lire, dal centesimo piano della Torre John Hanckock, si prova immediata pietà per chi si trova nel mezzo delle correnti che sollevano la neve sulle macchine e sui pedoni, duecento metri di sotto. Pensavo non valesse la pena di scendere là sotto, tra i grattacieli, a guardare le nuvole grigie mostrarsi a tratti, tra i candelotti intatti che pendono dai tetti. Invece, quando sono entrata nell’Istituto dell’Arte di Chicago, dopo aver attraversato a piedi il viale (Chicago Art Insitute, 111 South Michigan Avenue, Chicago, Illinois, 60603-6110), ho dovuto cambiare idea.
E’ il primo Museo che si visita , di cui si beve con avidità la grazia splendida dell’impressionismo francese. A sinistra, entrando, le donne di Renoir , i paesaggi evanescenti nella luce di Monet, le ballerine di Degas. In saloni successivi le tele dei nostri grandi artisti veneti del Cinque Seicento, Tiepolo , Canaletto. E poi ancora artisti fiorentini, italiani.
Si dice che agli inizi del Novecento le ricche signore americane andassero pazze per i quadri dei pittori francesi, non ancora affermati, e li comprassero a bassissimo prezzo, sino a farne delle collezioni maestose.
Nel salone dedicato alle arti minori, oltre a storiche armature e a metalli preziosi cesellati, compaiono rari esemplari in vetro. Il cristallino, d’imitazione veneziana, si impone con un vaso a calice, di circa trenta centimetri di altezza, soffiato a Norimberga nel 1650 , la cui effettiva grandezza è rappresentata dall’incisione. Sono ritratti di nobiluomini, molto simili ai volti di Rembrandt , ineluttabimente reali. E’ noto che, nel 1530, i maggiorenti di Norimberga , preoccupati di non riuscire a produrre un vetro simile a quello italiano, dovettero ricorrere ad un inganno per carpire ai Veneziani i segreti della composizione del “cristallino”, ma divennero insuperabili nell’incisione. Vasi, a forma di boccette (1650), risplendono per la raffinatezza del disegno, impresso su un tipo di vetro estremamente sottile e quindi tanto più difficile da decorarsi. Vasi della vetreria di Praga (1550 - 1600) sono decorati con incisioni di grande levità, simili a merletti. Venezia, madre del cristallino, è rappresentata, in singole teche, con raffinati calici “ a serpente” del 1500.
Oltre alla trasparenza, come si è detto, l’estrema sottigliezza è la caratteristica del vetro di questi oggetti, che tuttavia non sfugge alla presenza di piccole bollicine a punta di spillo, invisibili a un occhio inesperto, che, nel gergo vetraio, vengono chiamate “puliga” e che sono dovute a un affinaggio insufficiente, che tuttavia all’epoca rappresentava quanto di meglio la tecnologia poteva offrire.
Non era così semplice produrre l’impasto vitreo o almeno non era così semplice come plasmare una ceramica . Occorrevano giorni e giorni di affinaggio, alla fine dei quali non sempre il vetro raggiungeva la sua estrema purezza.
Secondo un manoscritto anonimo della seconda metà del 1500, di provenienza muranese, per fare il vetro comune si prendono 150 libbre di “cogoli” del Ticino, costituiti da silice quasi pura, macinati finissimi e 100 libbre ci cenere di soda, della migliore, ben macinata, ed infine sei once di manganese come decolorante. Si impasta il tutto con acqua “chiara” e si fanno dei pani che vengono posti nel ripiano della calchera (forno dove si raggiunge la temperatura di circa 700° C), dove in 12 ore si ottiene la fritta. Tolti dalla calchera, i pani vengono frantumati e messi nel crogiolo, a temperature molto più elevate, per quattro giorni, durante i quali la massa viscosa viene rimossa con un rastrello per agglomerare le bolle, frutto della combustione, ed eliminarle. La fiamma deve essere bianca e senza fumo, alimentata da legna ben secca. Per ottenere un migliore risultato, i pani possono venire “traghettati in acqua” e successivamente rifusi.
Il procedimento per ottenere il cristallino è più accurato e si basa su alcune precise norme:
a)il processo della lisciviazione, che consiste nel far bollire la cenere setacciata in acqua pura, in modo da sciogliere i sali solubili, e nel filtrarla, attraverso un panno, per eliminarne le impurità, fino a ottenere il “sale di cristallo”, ossia il carbonato di sodio;
b) il traghetto in acqua per eliminare i sali insolubili come i solfati e i cloruri che renderebbero oscuro il cristallo;
c) la particolare cura nel condurre la fornace, con una fiamma bianca e pulita, e nel rimescolare l’impasto incandescente per eliminarne le impurità.
Il procedimento, che appartiene ad epoche remote, quando il vetraio doveva da sè trasformare i minerali presenti in natura in materia vetrificabile, non è da paragonarsi con la metodicità e la facilità con cui oggi si producono, nei forni a gasolio o elettrici, tonnellate di vetro , lavorato nelle macchine automatiche , e non più con i metodi tradizionali a soffio.
Nella raccolta museale di Chicago non mancano i barilotti tedeschi del secolo XVII, decorati a smalto, con colori vivaci. Lungo la superficie si susseguono personaggi a figura intera, con costumi dell’epoca, in atteggiamenti ludici , ispirati all’ebbrezza tutta nordica che conferisce la birra, spumeggiante e traboccante dai boccali.
Bibliografia:
Anonimo, A far il sal di vetro…, 98 pp. Ricettario muranese della seconda metà del 1500. Collezione privata.
L. Zecchin, Il vetro”cristallino” nelle carte del Quattrocento, in “Vetro e Silicati”, Venezia, marzo-aprile, 1963; Il ricettario Darduin. Un codice vetrario del Seicento trascritto e commentato. Venezia, 1986, pp.24-27.
Maria Brondi

Costantino Bormioli, Lavorazione Artigiana Vetro - P.IVA 01317860094
Costantino Bormioli P.IVA 01317860094
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