Creazioni in vetro soffiato, vetrofusione e gioielli
I Vetri di Sandro Bormioli
Creazioni in vetro soffiato, vetrofusione e gioielli
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Bottega in Altare (SV), Via Roma n. 41
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L'Università del Vetro

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L'università del Vetro.

La Storia di Altare è una storia di vetro. Il paese nato intorno alle fornaci, quasi ad assimilarne il calore, ha tratto il suo sostentamento dall'esercizio dell'arte del vetro, che con alterne fortune e sostanziali modificazioni continua tutt'ora.La lavorazione del vetro in Altare ha origini remote, la leggenda racconta che intorno all'XI° secolo un Abate del Cenobio dell'Isula Liguria di origine fiamminga viste le folte foreste di legna forte ad Altare, combustibile per le fornaci di allora, tornato in patria favorì il trasferimento di alcune famiglie di vetrai, suoi conterranei nel nostro paese.A questo nucleo di famiglie: Biancardi, Bordoni, Bormioli, Brondi, Buzzone, Rachetti, Saroldi e Varaldi se ne aggiunsero altre di varie provenienze alcune certamente venete quali: Bertoluzzi, Grenni, Marini, Massari, Negri, Lodi, Perotto, Somaglia.I vetrai appartenenti a queste famiglie si riunirono in una Corporazione chiamata "Università del Vetro" della quale si ha notizia già nel 1300.Il paese che era posto sotto il governo dei Marchesi del Monferrato passato poi sotto quello dei Savoia a inizio ' 700, era amministrato dal Consolato dell'Arte Vitrea, il quale regolava il lavoro di tutti i vetrai. I primi statuti che codificarono i doveri ed i diritti dei vetrai risalgono al 1495, solennemente approvati poi il 26 giugno 1512 dal Principe Guglielmo Paleologo, Marchese del Monferrato nonchè da Galeotto del Carretto ed i nipoti Marchesi di Savona e consignori del luogo.Il Consolato dell'Arte Vitrea era composto da sei Consoli eletti ogni anno il giorno di Natale, essi avevano poteri pressochè discrezionali.
Gravi pene erano inflitte a coloro che trasgredendo gli Statuti trasmettevano segreti di lavorazione o prestavano opera in fornaci abusive, esse andavano dalla confisca dei beni alla pena di morte.Nel 1641, alcuni vetrai colpevoli di aver prestato la loro opera in una fornace abusiva di Vado Ligure, furono condannati a morte, per loro fortuna graziati dalla Duchessa di Mantova.Le lavorazioni del Vetro, in Altare, si svolgevano da S. Martino a S. Giovanni Battista, nel periodo estivo si riparavano le fornaci e si faceva scorta di combustibile. L'inizio del lavoro nelle fornaci era solennizzato con la cerimonia della "Messa a fuoco", nella Chiesa Parrocchiale il Sacerdote, benedetti due grossi ceri li consegnava a due bimbi, vestiti da angioletti, che, accompagnati dai Consoli e dai maestri vetrai, si recavano nelle fornaci e con quelle candele vi appiccavano il fuoco.La prima opera eseguita dal maestro vetraio più abile era un grosso fiasco che riempito di vino benedetto ed unito ad una grande torta di riso era portato ai lavoranti per inaugurare la lavorazione, questa usanza era chiamata "bagnare la piazza".L'attività dell'Università del Vetro proseguì nei secoli alternando periodi prosperi ad altri travagliati.Per effetto delle lotte politiche, guerre e concorrenze nel 1602 i vetrai si trovarono in condizioni quasi disperate tanto che il Duca Carlo I° di Mantova propose loro una migrazione in massa a Ceresa facendosi carico di allettanti indennizzi, ma prevalse l'attaccamento al paese.Con l'evolversi dei tempi emerse, ad Altare, una nuova classe formata da piccoli imprenditori, commercianti, proprietari che vantavano maggiori spazi nel governo del paese, il malcontento sfociò in lotte, che durarono più di trent'anni.Falliti i tentativi di placare gli animi tra i "Monsù" così erano chiamati gli artieri vetrai ed i "Paesani" cittadini di Altare non vetrai, il 26 giugno 1823 il Re Carlo Felice di Savoia ordinò lo scioglimento dell'Università del Vetro di Altare.Questo atto considerato di pace e di giustizia sociale generò ingiustizie e sfruttamenti ben più gravi per i vetrai altaresi che furono costretti a prestare la loro opera nelle quattro fornaci rimaste in condizioni vessatorie.In quel periodo i vetrai più facoltosi portarono le loro esperienze in Italia ed all'estero, fondando o rilevando fornaci.
I maltrattamenti inflitti di vetrai, usi a condizioni di lavoro migliori ed addirittura a privilegi, indussero i vetrai dopo lunghe riunioni clandestine a riunirsi in una associazione dove capitale e lavoro fossero riuniti nelle stesse mani.Con la spinta morale del Dott. Cesio, mazziniano e filantropo, medico in Altare, la notte di Natale del 1856 nasce la Società Artistico Vetraria, prima cooperativa d'Italia.Per iniziare il lavoro mancava solo una fornace, la fornì l'Avv. Pietro Lodi, uomo per tradizione famigliare e per bontà d'animo vicino ai vetrai altaresi.Il lavoro nella fornace "Lodi" iniziò nel marzo 1857, la prima "messa a fuoco" andò benissimo, l'entusiasmo era grande tanto che il comitato si pose subito il problema di attivare la fornace "Bormioli", ubicata dove oggi si trova la Società Artistico Vetraria.Nella Cooperativa furono istituite le prime forme di previdenza a favore dei vetrai, celebrate il 10 settembre 1882 nella "Festa del Lavoro della Previdenza" alla quale, fra le tante autorità, vi partecipò l'On. Luigi Luzzatti, Ministro del Regno e nel 1919, Capo del Governo, il quale dedicò alla Società Artistico Vetraria un ampio studio pubblicato sulla rivista "Nuova antologia":Nei suoi 122 anni di vita la Cooperativa ha prodotto un vasto assortimento di articoli dai più semplici ai più prestigiosi, dando lavoro agli altaresi ed anche a molti mallaresi.Per realizzare questa vasta gamma di articoli i maestri vetrai venivano distribuiti ai vari forni dalla Commissione del Lavoro, in organici chiamati piazze rispettando criteri prima di abilità poi di anzianità.L'organico delle piazze era composto da maestri, terzi e garzoni.I maestri erano divisi in varie categorie di specializzazione: apritori, soffiatori, attaccagambo e attaccapiede (ai calici). Il maestro più bravo e più anziano era designato "Capo Piazza" ed era il responsabile della produzione.Le piazze che eseguivano i lavori più prestigiosi erano: la prima piazza, la seconda piazza e la piazza bastarda, così chiamata perchè non aveva una produzione ben definita. Seguivano le piazze da vasi, da arbanelle, da bottiglie, da calici, da bicchieri soffiati, da flaconi, da gassose, da tubi ed altre.Per diventare maestro e socio un vetraio doveva essere in grado di disimpegnare il lavoro in almeno tre piazze. I vetrai altaresi erno molto apprezzati proprio per la loro versatilità.Dopo la Seconda Guerra Mondiale la Società Artistico Vetraria fu gradualmente trasformata in una industria meccanizzata rinunciando alle lavorazioni artigiane perdendo così valore del suo capitale umano, che con fu integrato da quello finanziario necessario al buon funzionamento di una azienda moderna.Nonostante ciò, grazie allo spirito di sacrifio dei soci, che l'hanno sostenuta nei momenti difficili, ha superato il secolo di vita e si è spenta, in parte per una grave crisi del settore che ha colpito tutte le vetrerie, ma soprattutto perchè gli istituti di credito non l'hanno sostenuta in quel grave momento.L'antica tradizione vetraria altarese ha lasciato vive tracce, oggi operano in Altare due aziende meccanizzate: la "Bormioli Rocco" (ritorno alle origini) e l'"Etrusca"; nel settore artigianale troviamo due laboratori: la "Soffieria Artistica Amanzio Bormioli" dei figli Raffaello ed Augusto e "I vetri di Sandro Bormioli", che con il vetro pyrex producono, con stili diversi, preziosi oggetti.
Sono presenti pure due botteghe dove Vanessa e Loredana eseguono incisioni, su vetro, di pregevole fattura, arte ereditata dal Maestro Giuseppe Bertoluzzi. Dal 1982 opera in Altare l'istituto del Vetro, Fondazione che gestisce il prestigioso Museo del Vetro di Altare, organizza mostre e tiene vive le storiche tradizioni dell'Arte del Vetro anche attraverso la rivista "Alte Vitrie". Tenterà inoltre di dare vita ad una piccola fornace per rilanciare e tenere accesa la fiamma dell'Arte Vitrea altarese.Gino Bormioli.

Costantino Bormioli, Lavorazione Artigiana Vetro - P.IVA 01317860094
Costantino Bormioli P.IVA 01317860094
Bottega in Altare (SV) - Via Roma n. 41
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