Creazioni in vetro soffiato, vetrofusione e gioielli
I Vetri di Sandro Bormioli
Creazioni in vetro soffiato, vetrofusione e gioielli
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Bottega in Altare (SV), Via Roma n. 41
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I percorsi dei vetrai

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I PERCORSI DEI VETRAI di Augusto Roascio

Sembrano lontanissimì i tempi in cui, partendo da Altare, i vetrai emigravano per esercitare la loro "arte', ma il tempo pare avvicinarci se si considera la documentazione prodotta durante i loro itinerari e connessa a questo tipo di lavorazione: richieste di autorizzazione presentate ai sovrani e governanti nei luoghi dove sì recavano per progettare le loro fornaci, autorizzazioni connesse, contratti per rapprovigionamento delle materie prime e del commercio dei prodotti finiti. Fonti documentarie giunte fino a noi, che ci permettono di ricostruire attraverso un percorso filologico i fatti dei secoli passati introducendoci nel periodo in cui sono avvenuti alla scoperta del ruolo che i vetrai hanno avuto in termine strutturale per il loro lavoro, e successivamente, arricchendo attraverso i dati il contesto storico di Altare luogo di proventienza e formazione. Partendo dal presupposto che nessun documento soprattutto riferito all'ambito storico può considerarsi conclusivo, e prima di entrare nel dettaglio dell'esperienza più avanti descritta; ci pare interessante ricordare che eminenti studiosi hanno fornito importanti testimonianze sulla lavorazione del vetro altarese collocando con analisi approfondite arte, motivazioni economiche e commerciali ed anche interpretazioni soggettive su come questi uomini si muovessero e si misurassero con le diverse culture in cui erano immersi, nell'esercitare la loro professione al di fuori del proprio paese. Le emigrazionì, diventate per alcuni motivo di non ritorno, e quindi non concepite nel rispetto delle forme statutarie che nel 1495 i vetrai dì Altare si erano date al fine di regolamentare tale lavorazione, sì configuravano con aspirazioni nuove dove si prospettava quasi una rivoluzione sociale rispetto alle norme minute e rigorose imposte dalla corporazione, emigrazioni che portavano innanzi idee e progetti che affioravano con il desiderio dì affermarsi, inserendosi in nuovi strati di popolo. Questo procurò in alcuni casi riconoscimento e partecipazione alla vita delle citta e paesi ospiti e di conseguenza il distacco dalla comunita di origine. In questo percorso si possono collocare i fratelli Carlo e Giuseppe Bormioli figli di Stefano "vetraio di Altare". Nel 1699 a seguito dell'acquisto del feudo di Pino ( nell'immediata periferia di Torino) sì fregiarono del titolo di conte, titolo con cui sono nominati in documenti dì quel periodo. Nel 1723 subentrarono come proprietari dì una fornace, ubicata in un quartiere di Torino denominato Borgo Po, iniziata da Tommaso Andrea Crosa che non era riuscito a terminare l'impresa. Lo stesso anno il Re Vittorio Amedeo concesse di mantenere attiva la fornace per dodici anni, di cui sei d'obbligo, in quanto i Bormiolì avevano chiesto un prestito di cinquemila lire. "Visto ed esaminato da noi il memoriale espostoci dai Conti Carlo e Giuseppe fratelli Bormiolì perchè sì compiacessimo d'accordar la continuazione per anni dodici della fabbrica di lastre, bufferia e vetri d'ogni sorte… abbiamo di nostra mano firmate e con il parere del nostro consiglio approviamo e confermiamo. Venaria 7 otttobre 1723". Nel citato memoriale i Bormioli chiedono garanzie evidenziando l'importanza che l'approvazione della loro richiesta ha, in modo da provvedere agendo con diritto, forti dei privilegi concessi da S.M., al reperimento delle materie prime, soprattutto attraverso il recupero dei vetri rotti; precisazioni che possono essere interpretate dal fatto che i privilegi erano sì molto estesi nel contenuto ma limitati nella durata. I fratelli Bormioli, ormai completamente staccati dalla realtà lavorativa di Altare (che non citano mai), sembrano dare una impronta imprenditoriale alla propria attività e dopo avere ottenuto l'autorizzazione a commerciare i loro vetri nella città di Saluzzo, progettarono nel 1733 di espandere la rete distributiva rivolgendo l'attenzione alla città di Asti: per questo motivo fondarono una società con atto denominato
"CAPITOLI Dl CONVENZIONE" "Seguirà tra gl'llustri Signori Conti Carl'Antonio e Giuseppe Bormioli di questa città e il sig Gio' Tommaso De Angelis in ordine alla vendita dei vetri e lastre provenienti dalla fabbrica ossia fornace dei sig. Conti Bormioli aperta nel Borgo Po di questa città per la città di Asti...". La convenzione è composta da otto capitoli dove al De Angelis vengono impartite le direttive su come dovrà gestire la parte commerciale. In sintesi: provvedere in modo adeguato al ritiro presso la fornace di una quantità di vetri sufficiente al fabbisogno della citta di Asti, delle fiere e mercati della provincia. Dovrà vigilare affinchè tutto proceda nel vantaggio dell'impresa servendosi anche di collaboratori. Provvedere alla raccolta dei vetri rotti e farli pervenire alla fornace dì Torino. I Bormioli si riservano il diritto di effettuare controlli sulle giacenze dei prodotti nei depositi del De Angelis il quale dovrà prelevare dalla fornace, nell'anno di validità del contratto, una quantità dl. vetri per almeno tremila lire. Torino 5 dicembre 1733.
bibliografia:Guido Malandra, i vetrai di Altare, Savona 1983. Lorenzo Chiarlone, Altare & il vetro, 1992. Anselmo Mallaùni, L'Arte Vetraria Altarese, Bacchetta Editore, Albenga 1995. Maria Badano Brondi, Storia e tecniche del vetro preindustriale, Genova

Costantino Bormioli, Lavorazione Artigiana Vetro - P.IVA 01317860094
Costantino Bormioli P.IVA 01317860094
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